Tag Archives: 1962

JULES ET JIM di Francois Truffaut (1962)

24 Giu

Film TV: Il rapporto di profondo affetto che lega due amici, il francese Jim e l’austriaco Jules, viene bruscamente sconvolto dal folgorante incontro con Catherine, la donna della quale entrambi si innamorano. Ciò nonostante, né la comune passione né lo scoppio della Grande Guerra – che li vede su fronti contrapposti – riusciranno a dividerli… Truffaut (e il cosceneggiatore Jean Gruault) adattano il romanzo omonimo di Henri-Pierre Roché e ne traggono un film libero e struggente, nel quale il lavoro sulle figure del linguaggio cinematografico produce, a tratti, momenti di emozione pura (la prima apparizione di Catherine, la corsa sul ponte). Epocale.

Farinotti (mymovies): La donna conduce sempre la situazione, è lei al centro del sistema e si permette tutto. Passeggia con i suoi due uomini vestita da uomo, coi baffi. La Moreau, che canta la canzone Le tourbillon, divenne uno dei grandi segnali della mitologia femminile di quel decennio. Nel 2002 Jules e Jim è stato ridistribuito nel circuito delle sale, con grande promozione. Davvero un’iniziativa inconsueta, che ha riguardato pochissimi titoli. La riproposta è servita a capire che il film è un magnifico esercizio grafico che ha smarrito quasi tutta la linfa vitale e la realtà. Catherine è un disegno, una proposta letteraria valida in quel momento. Il disegno è sbiadito, la letteratura manca della fase introspettiva, che rimane nel libro e lo rende un po’ più credibile del film. Il tempo ha davvero giocato contro. Jules e Jim rimane soprattutto un riferimento di studio, di accademia, di nostalgia. Emerge la tendenza francese dell’originalità a oltranza, dell’imprevedibilità a tutti i costi, del terrore di essere normali. La Moreau fu personaggio antipatico, magari odioso ai non trasgressivi. Ma un’eroina.

Morandini: Nella Parigi del 1912 Catherine s’innamora di due studenti, un francese e un austriaco, legati da una profonda amicizia fondata sull’amore per la letteratura. È, forse, il film più felice di Truffaut, certamente uno dei più rappresentativi con Jeanne Moreau nel suo personaggio più mitico. L’originalità e la stessa crudeltà della storia vi sono raccontate col massimo di pudore e di misura in dialettica contrapposizione fra trasgressione e norma, tra gioioso lirismo e profonda angoscia di morte. Dolce, nitido, di aerea leggerezza e armoniosa costruzione. Bellissima la fotografia di Raoul Coutard.

LOLITA di Stanley Kubrick (1962)

28 Gen

Morandini: Dal romanzo (1955) di Vladimir Nabokov: intellettuale cinquantenne si fa mettere i sensi in fantasia da un’aizzosa quattordicenne… Poco apprezzato dalla maggior parte dei pedanti critici dell’epoca, il primo film britannico di Kubrick migliora ogni anno che passa: anche a livello stilistico e drammaturgico, la scrittura filmica rivela le sue qualità, reggendo il confronto con la capziosa prosa di Nabokov. Più che un dramma, è una inventiva e persino divertente commedia nera in cui si riconoscono diversi temi del successivo cinema kubrickiano. Recitazione ad alto livello con un Sellers straordinario nel suo proteiforme istrionismo. Durante le riprese la Lyon aveva 13 anni, ma col suo sessappiglio ne dimostrava 3 o 4 in più.

Farinotti (mymovies): Il romanzo di Nabokov ridotto in immagini sontuose, ma non sempre ispirate, da Stanley Kubrick. È forse l’opera meno interessante dell’autore di 2001 Odissea nello spazio, ridotto a fare l’illustratore, ancorché prestigioso.

Film TV: Un capolavoro di Kubrick del 1962, uno dei suoi film più lucidi (nella costruzione narrativa) e cinici (nella rappresentazione dell’America borghese e della miseria morale dei personaggi). Geniale il personaggio di Quilty nell’interpretazione di Peter Sellers.

Mereghetti: L’autodistruzione di un intellettuale rappresentata con entomologico cinismo: Vladimir Nabokov è riuscito nel difficile compito di adattare il suo romanzo ( a cui ha tolto l’annunciata morte – castigo della ragazza ), e Kubrick ne ha reso bene la mistura di satira e deformazione grottesca con cui insegue una delle linee di forza del proprio cinema: la caparbietà ossessiva con cui i suoi personaggi percorrono le proprie strade. Rispetto al romanzo, Quilty diventa il motore segreto della storia, cinico e mostruoso doppio del professor Humbert: ” nella satira dell’America espressa nel film, Quilty è la minaccia che incombe, l’ombra inseguitrice, la spia di una società la cui corruzione supera quella delle sue vittime ” e la cui autorità è stigmatizzata nella scena del congresso di poliziotti. Così Mason, per quanto all’altezza del ruolo, si fa spesso rubare la scena dall’ambiguo e prometeico Sellers, il cui istrionismo prefigura quello del ‘ Dottor Stranamore ‘. Sue Lyon col lecca lecca a forma di cuore ha fatto epoca, ma la sua carriera è praticamente finita qui e il film è uno dei meno erotici che si possa immaginare su un tale soggetto.

IL SORPASSO di Dino Risi (1962)

5 Nov

Morandini: Uno dei capolavori della commedia italiana del “boom”. La società di quel periodo è resa con un’euforia rara, un’ammirevole sapienza nel passare dall’agro al dolce, dal comico al grave. Il pubblico lo capì meglio dei critici. “Il gran merito del film è non solo di aver così bene isolato e descritto quel personaggio emblematico, ma anche di averlo giudicato, con la catastrofe finale frutto della sua incoscienza; di avere insomma insinuato qualche dubbio, qualche dubbio di inquietudine nel tempo delle vacche apparentemente grasse…” (M. D’Amico).

Film TV: Sono due temperamenti diversissimi, e il giovane prova per il suo occasionale compagno un misto di repulsione e di attrazione. Forse il capolavoro della commedia all’italiana del boom, uno spaccato tanto perfetto da caricarsi di forza allegorica. Magistrale Gassman, indimenticabile il vagabondare dei due, sospeso tra momenti esilaranti ed altri tragici. Per capire l’Italia degli anni ’60 (e non solo), meglio di un libro di storia.

THE MIRACLE WORKER di Arthur Penn (1962)

15 Ott

Morandini: (…) descrizione epica di una battaglia che culmina nella straordinaria scena di nove minuti tra Annie ed Helen intorno al tavolo da pranzo. Pur non trascurando la complessità sentimentale e ideologica del testo di Gibson, mette con furia l’accento sulla dimensione fisica della battaglia. Il suo vero tema non è l’handicap fisico, nemmeno l’insegnamento o la comunicazione, ma il principio stesso della vita e della liberazione: il modo in cui le energie vitali, se abbastanza tenaci, possono vincere barriere e ostacoli.

Mereghetti: Dal testo teatrale di William Gibson, un film intenso e commovente, ricco di valenze pedagogiche sul valore della famiglia, contro l’autoritarismo, sulla differenza tra amore e compassione. La qualità migliore del film è la capacità di rendere la concretezza dei personaggi per fare in modo che i limiti fisici evochino un disagio filosofico.