Morandini: Apologo fiabesco sulla violenza e la guerra (per la quale la vera decisione da prendere è di non farla) che inizia ai giorni nostri in un teatro-bordello cinese. Un Vecchio Capitano narra sul palcoscenico una storia ambientata alla fine del Settecento. L’azione si sposta sui mari della Cina, reinventata da Olmi su un lago del Montenegro con l’aiuto della tecnologia digitale. Per vendicare il tradimento e l’avvelenamento del marito, la Vedova Ching si dà alla pirateria… Anche Olmi canta, ma sottovoce, dietro i paraventi. Quel che racconta, anzi evoca, è carico di senso, frutto della memoria combinata con la riflessione e lo stupore. La guerra c’è, ma non si vede: non combattimenti, non arrembaggi, non morti né feriti. Tutto è stilizzato, anche la recitazione. Chi vuole, cerchi agganci con l’attualità politica (i “pirati onesti” contro i potenti che “legalmente” opprimono e rubano), ma non è necessario: “Delicato come una sinopia, fragile come una pergamena, leggero come un aquilone colorato, solca i cieli del cinema, depositandovi scie di luce folgoranti e improvvise epifanie.” (Gianni Canova).
Film TV: Un film intessuto di rispetto e di tenerezza: rispetto per un’iconografia insolita (perché, sotto sotto, i sentimenti restano quelli di sempre: amore e guerra, sopraffazione e ribellione, desiderio di vendetta e bisogno di pace), alla quale Olmi si avvicina con incuriosita meraviglia, e per una tempra di donna alla quale si inchinano anche il vecchio corsaro e l’imperatore; tenerezza per personaggi che sembrano provenire dall’infanzia dell’umanità, con le loro cadenze omeriche e salgariane. E inaspettatamente per Olmi, pure la sensualità trova un suo spazio: nel nudo perfetto dell’attrice che interpreta la piratessa Mary Li, ma anche nei sogni, nei gesti e nel corpo della vedova, nella femminile eleganza con cui combatte, comanda e cede alle proposte di pace dell’imperatore. Come se Olmi tornasse all’infanzia, scoprisse il corpo femminile e, con esso, le possibilità di quiete e di riposo. Qualcosa che correva già tra le pieghe di Il mestiere delle armi, ma che veniva sopraffatto dalla ragion di stato e dalla disillusione maschile.