Sequenze costruite con superba maestria tattica di Rudy Salvagnini
Un serial killer soprannominato Buffalo Bill semina morti a ripetizione. Jack Crawford, agente dell’FBI, pensa che per prenderlo sia necessario ricorrere alla consulenza di Hannibal Lecter, un serial killer cannibale rinchiuso in isolamento in un manicomio criminale. Crawford incarica la neoagente Clarice Sterling (Jodie Foster) di incontrare Lecter e invitarlo a collaborare. Clarice va a trovarlo in carcere e tra lei e il cannibale si sviluppa una strana relazione cui non è estranea una complessa ammirazione reciproca.
Dopo che la sua precedente apparizione in Manhunter – Frammenti di un omicidio era passata pressoché inosservata, in questo secondo tentativo il personaggio del geniale serial killer cannibale Hannibal Lecter fa il botto, diventando di colpo uno dei “mostri” più popolari del cinema e contribuendo all’ambigua “eroificazione” dell’omicida seriale che ha caratterizzato parecchio cinema “psicopatico” successivo. Merito di Demme, che ha cucito attorno alla sottile e istrionica interpretazione di Anthony Hopkins un thriller orrorifico di rara precisione ed eleganza stilistica e anche naturalmente efficace nella creazione della suspense con parecchie sequenze costruite con superba maestria tattica. Ottimo anche l’apporto di Jodie Foster nel ruolo della tormentata agente che stabilisce un rapporto preferenziale con Hannibal che qui, diversamente da Manhunter, è protagonista assoluto. Visualmente, Demme riesce a conferire toni da romanzo gotico – con la strana e oscura segreta dove è rinchiuso Hannibal – a un thriller urbano che avrebbe potuto essere banale in altre mani. Grande successo di pubblico: oltre 270 milioni di dollari lordi di incasso mondiale con un budget di 19.