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VIVA LA LIBERTÀ di Roberto Andò

17 Feb

Agli indecisi (e ai perplessi) di Aldo Fittante

C’è il segretario del principale partito d’opposizione (un buon riassunto dei recenti leader italiani di Centro Sinistra) che entra in crisi: sondaggi e opinione pubblica lo danno in declino al punto che una bella mattina l’uomo sparisce, senza dire nulla nemmeno al suo fidato portaborse. In realtà è a Parigi, da una sua ex amante che lavora nel cinema, ha una figlia ed è compagna di un regista di culto di nome Mung, sorta di sintesi cinefila tra Wong Kar-wai e Kim Ki-duk. Nella Ville Lumière il politico piano piano ritrova se stesso, mentre a Roma, nel panico, la moglie e il portaborse sfidano il destino, convincendo il fratello gemello del politico – un filosofo dai tratti geniali da poco uscito da una clinica psichiatrica, segnato da una depressione bipolare – a sostituirlo.

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Improvvisamente, tutto sembra tornare al suo posto: il fuggitivo, amante del cinema, viene addirittura invitato sul set del nuovo film di Mung improvvisandosi assistente scenografo, mentre il filosofo affronta colleghi di partito, giornalisti, convegni e comizi citando Brecht e presentandosi dal Presidente della Repubblica e da una specie di simil Merkel sempre con il sorriso sulle labbra, addirittura ballando e danzando, tra mappamondi chapliniani e interviste politicamente scorrette rilasciate con feroce sincerità. Quasi nascosto dalle cronache cinematografiche e dalla stessa distribuzione, il nono lavoro (tra lungometraggi e documentari) di Roberto Andò – tratto dal suo libro Il trono vuoto (Bompiani), vincitore del Premio Campiello Opera Prima 2012 – sorprende per compattezza di scrittura e nettezza di sguardo. Pare un film francese – testimoniato dall’(in)sostenibile leggerezza dei personaggi di Valeria Bruni Tedeschi e del suo compagno di scena Mung – che ha trascorso un mese di vacanza in compagnia di Elio Petri, con Toni Servillo (qui ancora una volta magnifico, nelle doppie vesti dei gemelli) sempre più Gian Maria Volonté.
Inutile dire che andrebbe visto in sala e/o proiettato in prima serata su Rai1 il venerdì precedente le imminenti Elezioni Politiche. E che è caldamente consigliabile agli indecisi e ai perplessi (scopriranno di averne ben donde).

da Film TV n.8/2013

BELLA ADDORMENTATA di Marco Bellocchio (2012)

23 Ott

Aldo Fittante (Film TV): Gli ultimi giorni di Eluana Englaro (ri)vissuti da Marco Bellocchio come una Passione di Cristo dove tre storie parallele che non s’intrecciano mai ma che hanno molto in comune, rilanciano e dipanano molte questioni.
Tra Il pianto della Madonna di Jacopone da Todi e una Isabelle Huppert nei panni quasi di se stessa (ovvero Divina Madre, una ex attrice ritiratasi dalle scene per accudire la figlia in stato vegetativo) il solenne spaccato contemporaneo del grande regista, disorienta e ingarbuglia le carte (l’attrice francese compare in Tv in La storia vera della signora dalle camelie di Bolognini), sgomenta e sbalordisce una volta di più, sconvolge e complica i pensieri e le riflessioni. D’altronde è questo il compito del cinema.

Giancarlo Zappoli: Giorni di inizio febbraio 2009. Eluana Englaro, dopo 17 anni trascorsi in coma e con alimentazione artificiale, viene fatta trasportare dal padre in una struttura ospedaliera di Udine in cui operano medici disposti a interrompere il trattamento. L’avvenimento scatena in Italia la reazione di fronti opposti. C’è chi vuole impedire ad ogni costo che ciò avvenga e chi invece ritiene che sia l’attuazione di un diritto civile. Il senatore Uliano Beffardi del Popolo della Libertà viene convocato a Roma per la votazione del decreto d’urgenza in materia voluto dal governo Berlusconi per contrastare la volontà del padre della giovane donna. Se Beffardi sta maturando dei dubbi sul voto (anche in seguito a una vicenda personale), sua figlia Maria è invece determinata nel raggiungere la clinica per manifestare contro l’interruzione del trattamento.

RAIDERS OF THE LOST ARK di Steven Spielberg (1981)

5 Ott

Film TV: (…) come se Spielberg, ispirandosi ai vecchi serial avventurosi, ne avesse compresso cinquanta diverse puntate in una sola pellicola, percorsa senza soluzione di continuità da pericoli mortali, inseguimenti mozzafiato e colpi di scena. Harrison Ford, cappello e frusta, incarna “Indy” e diventa un’icona.

Mereghetti: Straordinario successo per un abile pastiche che mescola il cinema (e i fumetti) d’avventure esotiche degli anni ’30 con l’horror degli anni ’80, tocchi da commedia sofisticata (duetti tra Harrison Ford e Karen Allen) e una messinscena da kolossal. Il soggetto è firmato da Philip Kaufman e George Lucas, la sceneggiatura di Lawrence Kasdan, ma il ritmo travolgente e la perfetta coreografia delle sequenze d’azione (congegnate ognuna come un pezzo di virtuosismo) sono solo di Spielberg.

Aldo Fittante: Uno di quei film che si rivede sempre volentieri, perché intrattiene e fa sorridere senza traumi e senza particolari dolori. Alla base, una sceneggiatura di Lawrence Kasdan che oggi viene studiata in ogni scuola di cinema che si rispetti. Al timone Spielberg, in grado di alzare il ritmo cardiaco degli spettatori al semplice comando di un “Ciak, action!”. Tra i fumetti e l’esotismo tipico degli anni ’30, una spruzzata di horror moderno, molta ironia e quell’attrazione fatale che tutti nutriamo per i misteri archeologici dell’antico Egitto (qui c’è anche il Nepal, che sul grande schermo appare sempre enigmatico e affascinante).

Morandini: C’è di tutto in questo meraviglioso giocattolo adatto ai bambini di tutte le età; c’è la materia per un serial TV in 12 puntate, condensata in meno di due ore con vertiginosa felicità. Appartiene forse più a Lucas produttore, che a Spielberg regista, è pure un vivace esempio di metacinema (riflessione sul cinema, demistificazione dei generi e loro riabilitazione) messo in immagini con competenza professionale, sapienza tecnologica, allegra sfacciataggine.

HABLA CON ELLA di Pedro Almodovar (2001)

20 Set

Morandini: Almodóvar fa un film dove gli uomini sono in prima fila e piangono, un film di finestre e di porte, ricco di simmetrie, metafore, simboli, incroci, rimandi che parla di tante cose: amore folle, morte, solitudine, incomunicabilità delle emozioni, potere ignorato della parola, silenzio del corpo, necrofilia (collegata al voyeurismo, dunque alla cinefilia), balletto, musica, corrida, cinema nel cinema (Amante menguante, pornofilm surrealista), amicizia virile. E un finale aperto al futuro che chiude un film disperato.

Film TV: Costruito secondo una struttura narrativa fascinosa e rischiosa e girato con un’aderenza raffinata e disarmante alla concretezza dei corpi, il film trova il suo filo conduttore nelle voci narranti. L’amore continua a farsi e disfarsi, nelle vite solitarie che piacciono a Pedro Almodóvar, che mai è stato tanto estremo, remoto e ostinato.

Aldo Fittante: Un viaggio nell’amour fou, una vacanza nell’inferno dei sentimenti non corrisposti. Il contraltare perfetto ed essenziale ai modelli (para)televisivi del nuovo millennio, schiacciato da inverosimili irreality show incapaci di spiegare perché si possa (e a volte si debba) morire d’amore. Attraversato dagli spettri, dalla paura, dai fantasmi, dall’impossibilità di essere normali, il cinema di Almodovar è oggi il romanzo per immagini più fluido, onesto e meravigliosamente rielaborato che si possa chiedere. Gli attori, seppur strepitosi, sono solo marionette, capaci di straziarci il cuore quando scelgono di toccare gli altri. Un’occasione anche per rivedere Pina Bausch, l’inventrice del teatro danza, nell’incipit con il suo spettacolo Café Muller, scena girata al Teatro Massimo di Palermo.