analisi di Francesco Casetti
: se non hai visto il film, ti consiglio di rimandare la lettura a dopo la visione
Cronaca di un amore è uno dei film che più hanno condizionato l’evoluzione linguistica e stilistica del cinema, non solo italiano, degli ultimi cinquant’anni, aprendo nuove prospettive nella direzione di un cinema moderno. Qui vediamo delinearsi per la prima volta una concezione originale del tempo e dello spazio, una costruzione dei personaggi inconsueta e priva di psicologismi. La recitazione degli attori è basata sulla loro presenza fisica, sul rapporto con l’ambiente che li circonda, su comportamenti, silenzi, dialoghi apparentemente banali, più che sulla loro capacità di introspezione e di mimesi sentimentale. Antonioni rappresenta la realtà ponendo sullo stesso piano semantico e drammaturgico tutti quegli elementi visivi e sonori che la qualificano: ambienti, sfondi, oggetti, luci, persone, rumori, gesti, movimenti, sguardi. Nello spazio scenico si affollano materiali diversi che costituiscono i tasselli di una stessa situazione esistenziale e che, in quanto tali, cooperano a creare tutti insieme risonanze intellettuali, psicologiche, sentimentali, visionarie. La bellissima colonna sonora curata da Giovanni Fusco concorre con efficacia a creare questo clima emotivo, a produrre queste risonanze.
Allo stesso modo in cui i personaggi non sono realtà psicologiche ma fisiche, anche la struttura narrativa e drammaturgica si regge non tanto su un meccanismo di eventi, su un congegno romanzesco (benché non manchi l’impianto “giallo”), ma sui “prolungamenti” degli eventi stessi, sulle loro conseguenze o sulle loro cause. Perciò sembra che in Cronaca di un amore non capiti nulla: ciò che è importante è già avvenuto prima dell’inizio del film (la tragedia che ha separato i due amanti), oppure avviene fuori scena (la morte di Fontana), oppure avverrà dopo il finale (che non conclude nulla). Pertanto il tempo cinematografico assume un’importanza primaria, viene dilatato dando luogo a lunghi piani sequenza, a sinuosi e avvolgenti movimenti di macchina, a “tempi morti” contemplativi e introspettivi. Con le sue lunghe inquadrature Antonioni scava dentro i personaggi, li segue incessantemente, li perseguita fino a condurre tale visione al momento di rottura, all’esasperazione visiva.
I due protagonisti non riescono ad impossessarsi della realtà che sta di fronte a loro, «analizzando il legame che li tiene uniti i due amanti lo caricano di ogni valenza; lo riempiono di immaginazione, o se si vuole lo declinano sul paradigma dell’immaginario. Il sistema delle soggettive che essi attivano è a questo proposito assai indicativo. Ad esempio nel momento in cui si reincontrano dopo anni, di fronte alla Scala, ciascuno dei due è inquadrato dal punto di vista dell’altro, ma in Campo Lungo o in Campo Lunghissimo, mentre un Campo Medio sarebbe più consono alla realtà. La distanza tra i personaggi, aumentata artificiosamente, è psicologica, non effettiva; esprime un sentimento, non denota uno spazio»
tratto da Michelangelo Antonioni. Identificazione di un autore, AA.VV: Comune di Ferrara, 1982
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