Rudy Salvagnini: Jack, uno scrittore frustrato, assume l’incarico di guardiano di un hotel chiuso per la stagione invernale in una località isolata sui monti e vi si reca accompagnato dalla moglie Wendy e dal figlioletto Danny. Prescindendo dalla meccanica di una trama prettamente di genere, Stanley Kubrick costruisce con genialità un film singolare e affascinante, pieno di innovazioni tecniche e di immagini memorabili. Il peso della frustrazione che fa impazzire Jack si inserisce e si fonde nelle suggestioni della memoria e nel fascino del passato che, all’Overlook Hotel, acquista una fisicità propria. Lucido e geometrico, non è un film di facili emozioni ed è certamente carente sotto il profilo della suspense, però resta, come quasi tutti quelli di Kubrick, un’esperienza indimenticabile. Jack Nicholson fornisce un ritratto sfaccettato, anche se “esagerato” in un’interpretazione che ha fatto scuola. Stephen King non fu soddisfatto del tradimento del romanzo operato da Kubrick e lo disse pubblicamente, tanto da occuparsi personalmente della sceneggiatura del remake televisivo di Mick Garris (1997).
Morandini: Dal romanzo di Stephen King: sotto l’influenza malefica dell’Overlook Hotel sulle Montagne Rocciose dove s’è installato come guardiano d’inverno con moglie e figlio, Jack Torrence sprofonda in una progressiva schizofrenica follia che lo spinge a minacciare di morte i suoi cari. Più che un film dell’orrore e del terrore, è un thriller fantastico di parapsicologia che precisa, dopo 2001: odissea nello spazio e Arancia meccanica, la filosofia di Kubrick. L’aneddotica di Stephen King diventa fiaba e rilettura di un mito, di molti miti, da quello di Saturno a quello di Teseo e del Minotauro, per non parlare del tema dell’Edipo. Il prodigioso brio tecnico-espressivo è al servizio di un discorso sul mondo, sulla società e sulla storia. Totalmente pessimista, Kubrick nega e fugge la storia, ma affronta l’utopia riaffermando che le radici del male sono nell’uomo, animale sociale, ma non negando, anzi esaltando, la possibilità di una riconciliazione futura, attraverso il bambino e il suo shining (luccicanza) e quella di una nuova e diversa concordia. Abbreviato di 4 minuti dallo stesso Kubrick. La durata di 120 minuti è quella di un’edizione italiana non approvata dal regista-produttore. Ottimo doppiaggio di Giancarlo Giannini per Nicholson.
Film TV: Jack Torrance, per trovare il giusto isolamento che gli permetterà di scrivere il suo romanzo, accetta l’incarico di custode invernale di un enorme albergo tra le montagne. Lo seguono la moglie e il figlioletto Danny. Quest’ultimo possiede poteri paranormali che gli permettono di vedere nel passato e nel futuro. In questo film cupo, claustrofobico, Kubrick prende di petto il genere horror (tratto da un romanzo di Stephen King), per piegarlo al proprio genio. Film fatto di segnali ambigui, dove l’orrore è tanto più profondo quanto meno interpretabile (realtà, allucinazione?), “Shining” si muove tra favola e racconto gotico, con momenti memorabili: le chiacchierate tra Torrance e il fantasma del barista, Danny che si aggira nei corridoi sulla sua biciclettina e l’inseguimento finale nel labirinto innevato.