Film TV: Wendy Savage è un’aspirante drammaturga che vive a New York; Jon Savage è un professore ossessivo-compulsivo in un college di Buffalo. Riunitisi per accudire il padre che non è più in grado di badare a se stesso, i due fratelli devono fare i conti con i legami disfunzionali della loro famiglia. Tamara Jenkins ha trovato in questa storia di senilità, fratellanza, demenza, vita, arte, case di cura, convivenze e adulteri, un racconto capace di conquistare la critica americana. Non mancano in verità alcune lunghezze e il finale è forse eccessivamente consolatorio, ma Hoffman e la Linney incarnano con invidiabile aderenza lo squallore e l’idealismo, la simpatia e la cattiveria, dei due fratelli. Allo spegnersi dei titoli di coda sembrerà di averli conosciuti davvero.
Morandini: Jon e Wendy, fratello e sorella, vivacchiano a New York in uno stato di ordinaria non-felicità. Jon, docente di letteratura, da anni alle prese con un denso saggio su Brecht, vive con una polacca. Quando a lei scade il permesso di soggiorno, potrebbe sposarla, ma la lascia ripartire. Wendy scrive copioni teatrali che nessuno rappresenta né pubblica, campa con lavori precari e stratagemmi meschini e ha una relazione stracca con un uomo sposato. La loro vita ha uno scossone quando devono occuparsi del vecchio padre scorbutico, che non si è mai occupato di loro, in preda a demenza senile e senza casa. I film sulla vecchiaia – alcuni grandi – non hanno mai avuto successo di pubblico. È rimossa dentro di noi, forse, più che la morte. In questo film che pur è una commedia, amarissima, sugli orrori dei rapporti umani, la Jenkins mette una sequenza notevole – il viaggio in aereo di Wendy con il padre. La vecchiaia non era mai stata raccontata al cinema così impietosamente, ma senza cinismo: Senectus ipsa est morbus. Dialoghi affilati, due protagonisti in gara di bravura.