Film TV: Casa Recchi. Specchi, fiori, denaro e freddezza. Emma e Tancredi, i loro figli, Elisabetta, Edoardo, Gianluca, i compagni e promessi sposi, i nonni, la genealogia e le future generazioni celebrano, tra le camere e i corridoi, i giardini innevati e le grandi cucine di villa Recchi, passaggi di consegne, avvicendamenti alla guida dell’impresa, strategie familiari e consolidamenti. Consolidamenti progressivi di ruoli sempre più raggelati dalla consapevolezza della classe di appartenenza, la grande borghesia industriale lombarda. Guadagnino infonde a ogni fotogramma un’idea e un’intuizione formale. Esplode i colori e canta spazi impossibili.Come in un intreccio folle di Visconti, Matarazzo e Fassbinder, scandaglia i cuori di un Paese giunto al capolinea del disastro etico. Come in uno specchio.
Morandini: Film sull’alta borghesia industriale sul quale un regista palermitano ha lavorato per 7 anni. Il patriarca Edoardo Recchi, malato, sta per lasciare il comando al più capace dei suoi eredi: il figlio Tancredi, o il nipote Edoardo Jr.? L’azienda è alle prese con la globalizzazione e la famiglia con problemi, conflitti, segreti, ipocrisie. Il figlio Gianluca, prediletto della madre anglorussa Emma, gestisce un ristorante con l’amico Antonio, chef di talento. Scritto dal regista con Barbara Alberti, Ivan Cotroneo e Walter Fasano, prodotto da Mikado, Rai Cinema e altri, esposto in Orizzonti di Venezia 2009, preziosa fotografia del francese Yorick Le Saux, è il più raffinato, ambizioso e maturo film di Guadagnino. L’hanno definito viscontiano, e non solo per i contenuti. Basterebbe l’interpretazione della Swinton (non doppiata) a dare l’acqua della vita a un film nella migliore tradizione di un mélo familiare, ma asciugato, stilisticamente omogeneo. Contagia in positivo gli altri, obbligandoli a un affiatato gioco di squadra. Film di uno snobismo cosmopolita dissonante nel panorama del cinema italiano. Costato 6 mesi di postproduzione per un montaggio che ha ridotto il materiale da 3 ore e 30 a 2. Si sente.