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BELLA ADDORMENTATA di Marco Bellocchio (2012)

23 Ott

Aldo Fittante (Film TV): Gli ultimi giorni di Eluana Englaro (ri)vissuti da Marco Bellocchio come una Passione di Cristo dove tre storie parallele che non s’intrecciano mai ma che hanno molto in comune, rilanciano e dipanano molte questioni.
Tra Il pianto della Madonna di Jacopone da Todi e una Isabelle Huppert nei panni quasi di se stessa (ovvero Divina Madre, una ex attrice ritiratasi dalle scene per accudire la figlia in stato vegetativo) il solenne spaccato contemporaneo del grande regista, disorienta e ingarbuglia le carte (l’attrice francese compare in Tv in La storia vera della signora dalle camelie di Bolognini), sgomenta e sbalordisce una volta di più, sconvolge e complica i pensieri e le riflessioni. D’altronde è questo il compito del cinema.

Giancarlo Zappoli: Giorni di inizio febbraio 2009. Eluana Englaro, dopo 17 anni trascorsi in coma e con alimentazione artificiale, viene fatta trasportare dal padre in una struttura ospedaliera di Udine in cui operano medici disposti a interrompere il trattamento. L’avvenimento scatena in Italia la reazione di fronti opposti. C’è chi vuole impedire ad ogni costo che ciò avvenga e chi invece ritiene che sia l’attuazione di un diritto civile. Il senatore Uliano Beffardi del Popolo della Libertà viene convocato a Roma per la votazione del decreto d’urgenza in materia voluto dal governo Berlusconi per contrastare la volontà del padre della giovane donna. Se Beffardi sta maturando dei dubbi sul voto (anche in seguito a una vicenda personale), sua figlia Maria è invece determinata nel raggiungere la clinica per manifestare contro l’interruzione del trattamento.

BELLA ADDORMENTATA di Marco Bellocchio

23 Ott

Dal pressbook internazionale divulgato in occasione del Festival di Venezia

«La mia ispirazione per questo film è stata l’intensa emozione che ha circondato la lunga morte pubblica di Eluana Englaro. Sono rimasto scioccato, in particolare, dal grido di reazione del popolo italiano, dei media, della classe politica e della Chiesa, in netto contrasto con il mio senso di solidarietà e con la mia ammirazione per il padre della ragazza.
Ho capito, tuttavia, che non potevo tener conto del mio solo punto di vista e che avrei dovuto allargare i miei orizzonti e lasciare che il tempo espandesse la mia prospettiva. Avrei dovuto aspettare… E così ho aspettato due anni prima di rimettermi al lavoro sull’idea, approfondendone ogni aspetto e dando luogo a storie del tutto estranee a quella di Eluana.
Gli episodi raccontati si reggono in maniera autonoma poggiando su elementi che vengono prima del caso Eluana e che appartengono a tutta la mia vita: la mia infanzia, la mia adolescenza, la mia famiglia, la mia educazione cattolica, i miei compromessi politici, i miei principi morali, l’importanza della coerenza intellettuale e, infine, il rifiuto di mollare di fronte a una situazione di pericolo per la vita ma al tempo stesso colma di possibilità di recupero, anche per una rinascita, come nel caso di Rossa e Pallido.


È stato questo il percorso che ha successivamente determinato stile, immagini e struttura drammatica – o che forse ha consentito a questi elementi di evolversi per conto proprio. Durante le riprese, il lavoro è stato in larga parte di improvvisazione, nonostante generalmente si seguissero le finestre di dialogo tagliate poi in fase di montaggio.
Senza la morte di Eluana Englaro non ci sarebbe stata nessuna “bella addormentata” a svegliarsi. Per quanto non si fondi su pregiudizi o conclusioni affrettate, non è di certo un film neutrale – non credo che esista la neutralità nell’arte. Il film è sincero e non ideologico, non è una sorta di manifesto e rimango aperto ad altri punti di vista.
Mi auguro che i temi trattati possano generare un’animata discussione e che il mio lavoro trovi risonanza».

SORELLE MAI di Marco Bellocchio (2010)

16 Mag

Film TV: Sei episodi di un’unica storia, girati a Bobbio in sei anni diversi tra 1999 e il 2008,raccontano di Elena, nella sua crescita dai 5 ai 13 anni, di sua madre Sara, sorella di Giorgio, e dei loro difficili rapporti. Elena vive con le zie a Bobbio, perché la madre, attrice, è sempre in giro e ritorna quando può, così come ritorna anche il fratello per ragioni diverse. Un giorno Sara decide che Elena viva con lei a Milano, lasci così il paese e si separi dalle zie, forse definitivamente… Il nucleo familiare, la musica di Verdi, Bobbio e la Val Trebbia, Elena, il gioco fra la scena e i desideri, sono tutti elementi di un conflitto che Bellocchio filma in maniera serena ma non conciliata. È uno sconcertante cinema d’amore, quello di Marco Bellocchio. Che commuove per la sua capacità di perdersi sul corpo di Donatella Finocchiaro o nello scrutare Elena che accarezza un gatto. Sorelle Mai è un addio del passato che si offre come un’irresi­sti­bile ipotesi di futuro.

VINCERE di Marco Bellocchio (2009)

30 Dic

Giancarlo Zappoli: (…) un film come al solito molto personale che denuncia però una costrizione in cui il regista non si trova a suo agio. La camicia di forza della Storia, con le sue date e i suoi avvenimenti, vincola la narrazione che tenta di liberarsene non riuscendovi sempre. Certo Bellocchio aveva già affrontato di recente la Storia con Buongiorno, notte ma lì aveva potuto lavorare da Maestro ri-costruendo. Qui non può farlo liberamente e se ne avverte la consapevolezza nella scelta stilistica di ricorrere a una modalità narrativa che gli sta particolarmente a cuore: l’opera lirica. L’intero film è costruito come un melodramma sia sul piano musicale che su quello della struttura, con la passione dominante all’inizio a cui seguono la disillusione e la morte.
Su tutto questo prevale però una lettura decisamente interessante e che mette in gioco la psichiatria e, ancor più, la psicoanalisi che studia il rapporto tra il potere e le masse. Mentre la follia diviene sempre più collettiva e partecipata nel Paese, ci suggerisce Bellocchio, diviene quasi indispensabile che la normalità (Ida) venga trattata come devianza. Mentre l’Italia corre verso il baratro della Seconda Guerra Mondiale la Dalser e suo figlio vengono fatti precipitare nella clausura degli Istituti. Dove non basterà l’ammonimento dello psichiatra: «Questo non è il tempo di gridare la verità. È il tempo di tacere, di recitare una parte». Chi non è disposto a piegarsi non può che essere stroncato oppure, come accade nell’immagine più intensa del film, non può che arrampicarsi su sbarre senza via d’uscita per gettare nella neve lettere che mai nessuno leggerà.

Film TV: La storia di Ida Dalser, la donna che conobbe Mussolini ben prima che egli fosse famoso, e che se ne innamorò, dandogli un figlio, ma che poi, dopo la Prima guerra mondiale, lo ritrovò sposato a Rachele. La sua battaglia per essere riconosciuta, la sua dolorosa vicenda umana. Un capolavoro imperioso, dal ritmo e dal montaggio (di Francesca Calvelli) futuristi, con una smagliante fotografia di Daniele Ciprì che rimanda al miglior Matarazzo (Vincere è anche uno struggente mélo), e una colonna sonora da Oscar (firmata da Carlo Crivelli) mixata in perfetta osmosi con un comparto di effetti sonori rari da rintracciare in un’opera italiana. Tutto Bellocchio in poco più di due ore (la psichiatria, la suggestione dei personaggi che fanno la Storia, il confronto con il cattolicesimo e il clero, le idee rivoluzionarie…) in un film da Cinema Muto spavaldamente urlato. Magnificamente devastanti Timi e la Mezzogiorno.