Giancarlo Zappoli: William e Madeleine abitano in una città ai piedi della montagna. Sposati da lungo tempo, con una figlia che vive in Italia, sono fedeli l’uno all’altra. Durante una passeggiata Madeleine decide di ritrarre una vecchia casa. Commedia tipicamente francese sul risveglio dei sensi che si pensavano già sopiti in una coppia borghese. Nulla di nuovo sotto il sole. Ivi compresa la bravura degli attori.
Morandini: A Grenoble William, meteorologo in pensione, e Madeleine, pittrice dilettante, sono una coppia di cinquantenni tranquilli e affiatati che, partita l’unica figlia per l’Italia, sono presi da una sottile inquietudine, come consapevoli della vecchiaia in arrivo. Sbrigato da disattenti critici contenutisti come una commedia, volgarotta nel suo intellettualismo, sulla promiscuità sessuale, l’opus n. 4 dei fratelli Larrieu è un film crepuscolare e un po’ onirico in cui è determinante la presenza dei paesaggi di montagna. Percorre l’ambiguo territorio dei sentimenti e della ritrovata sensualità in una coppia matura che, in modo quasi innocente, regredisce ai fremiti dell’adolescenza e s’inoltra verso l’ignoto. È un film sul tempo che passa e sul tempo che fa, così importante quando non si è in città. Nell’affiatato quartetto degli interpreti la Azéma e Auteuil, per la prima volta insieme, recitano intensamente con un buon margine di improvvisazione.
Mauro Gervasini: (…) è un film involontariamente comico, impossibile da prendere sul serio. Non fraintendete, non per il tema, che può essere sviscerato in mille modi, di sicuro anche interessanti, ma per come invece lo trattano i due registi. Con una estetica da pro loco della campagna francese e un intersecarsi di snobismi intellettuali da far paura. Di fronte alla scena di “sculto” di Amira Casar che dopo aver urinato chiede a Daniel Auteuil di essere pulita, come è possibile che registi, attori, sceneggiatori non si pongano delle domande sul senso di quel che accade e sull’effetto che potrebbe avere (e infatti ha) sul pubblico?
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