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PINA 3D di Wim Wenders (2011)

15 Nov

Marianna Cappi (mymovies): In Pina e per Pina, il regista tedesco ritrova dunque la materia che sa impastare, l’emozione e l’energia che mancavano da tempo al suo cinema (fatta salva l’ispirata eccezione di Non bussare alla mia porta). Portando i componenti dell’ensemble di Wuppertal in locations industriali o naturali (che evocano i migliori scatti del Wenders fotografo) dà nuova vita ai passi di danza, per contrasto o più spesso in ragione di una tensione condivisa, che invoca e provoca il limite, delle forze umane e naturali, e spazza via dal progetto ogni aura mortifera o agiografica.

 

Andrea Fornasiero (FilmTV): Un documentario che trasuda la passione e l’affetto di un omaggio sentito, capace attraverso l’intensità e la varietà dei balli e delle ambientazioni, di reinventarsi ogni pochi minuti e ammaliare anche lo spettatore più disinteressato. Il 3D trova dunque un’applicazione d’autore e Wenders ne sfida i limiti nel rappresentare il movimento, scegliendo focali ampie che mimino le caratteristiche dell’occhio umano e facendo danzare anche la macchina da presa, per mantenere vivo il senso della profondità. Come se regista e coreografa dialogassero un’ultima volta in un ballo a due.

LA GIUSTA DISTANZA di Carlo Mazzacurati (2007)

7 Ott

Andrea Fornasiero: Mazzacurati torna alle origini. Non solo nel senso geografico del Nord-Est cui appartiene, ma soprattutto nella scelta di un protagonista onesto. Aspirante giornalista cui viene subito detto di non azzardarsi ad avanzare pretese come la firma dei suoi articoli, rifiuta di fotografare come un avvoltoio l’anziana maestra elementare in un gesto di pubblica e intima follia; allo stesso tempo non accetta di limitarsi a raccontare le indagini poliziesche viziate dal razzismo. La sua giusta distanza non è una barriera di cinismo da cui proteggersi, bensì una misura flessibile dettata da ragioni di ordine morale. Nell’Italia furbetta e ingorda, rappresentata dal personaggio di Battiston, non è poco.


Film TV: Tornando alle atmosfere di Notte italiana, Mazzacurati descrive con cura ed efficacia il suo Nord-Est e una provincia esistenziale: imperfetto, ma punteggiato da squarci lirici che interrompono il puntiglioso realismo dell’azione.

Marianna Cappi: Allo stesso modo, solo abbandonando la giusta distanza che gli imponevano i soggetti degli ultimi film e tornando nei luoghi dove si era manifestata vent’anni fa l’urgenza del cinema, Mazzacurati si libera dei pesanti precedenti e spicca finalmente un nuovo volo. Il regista, scortato alla sceneggiatura da Doriana Leondeff e dal romanziere Claudio Piersanti, torna nel Polesine e trasforma questo quadrato di terra piatta in una tela sulla quale dimostra di sapere ancora dipingere un mondo autentico e personalissimo. Tra boschi di pioppi e battelli sul fiume, tra reminiscenze di Olmi e Fellini, l’obiettivo di Luca Bigazzi indaga un’umanità immobile e grottesca, accogliente all’apparenza ma in definitiva inospitale, che allontanerà fatalmente i tre protagonisti, chi verso la morte e chi verso una nuova vita. Il coraggio con cui Mazzacurati affida i ruoli principali a tre attori alla prima prova da protagonisti –Valentina Lodovini, Ahmed Hafiene e Giovanni Capovilla – viene ripagato dalla qualità della loro interpretazione e dal piacere di riconoscere il frutto di un lavoro importante, spesso trascurato ma connaturato al cinema stesso, ovvero la ricerca della giusta faccia. Tra i soliti noti, invece, spiccano Giuseppe Battiston e Fabrizio Bentivoglio in due ruoli-macchietta, sfortunatamente più veri del vero.