PINA 3D di Wim Wenders

15 Nov

Lo sviluppo del progetto
Wim Wenders rimase molto colpito e commosso quando, nel 1985, vide per la prima volta “Café Müller” della coreografa Pina Bausch. Il Tanztheater Wuppertal lo portò in scena a Venezia, in occasione di una retrospettiva dell’opera della Bausch. Dall’incontro fra questi due artisti è nata un’amicizia che è durata nel tempo e, più avanti, è nato anche il progetto di fare un film insieme. Purtroppo, la realizzazione del progetto è stata sempre rimandata per via dei limiti imposti dal mezzo: Wenders era convinto di non avere ancora trovato il modo di tradurre nella forma cinematografica l’arte fatta di movimento, gesto, parola e musica della Bausch.
Il momento della svolta, per Wenders, è arrivato quando la band irlandese degli U2 ha presentato il suo film-concerto in 3D a Cannes. Wenders l’ha capito subito: “Con il 3D il nostro progetto si poteva realizzare! Solo così, incorporando la dimensione dello spazio, potevo tentare di portare sul grande schermo il teatro-danza di Pina.” Da quel momento, ha cominciato a visionare sistematicamente tutti i film in 3D della nuova generazione. E nel 2008, lui e Pina hanno ripreso il loro vecchio progetto e hanno scelto alcune coreografie per il film – “Café Müller”, “Le Sacre du printemps”, “Vollmond” e “Kontakthof” – che sono state inserite nel cartellone della stagione 2009-2010 della compagnia.

Nei primi mesi del 2009, Wenders e la sua casa di produzione Neue Road Movies, insieme a Pina Bausch e alla compagnia Tanztheater Wuppertal, sono entrati in fase di pre-produzione. Ma dopo un anno e mezzo di intenso lavoro, e soltanto due giorni prima delle prove programmate per le riprese in 3D è successo l’impensabile: Pina Bausch è morta il 3 giugno del 2009, in modo del tutto improvviso e inaspettato. In tutto il mondo, i suoi ammiratori e gli amici del Tanztheater Wuppertal piangevano la scomparsa della grande coreografa. Wenders ha immediatamente interrotto il lavoro, convinto che il film, senza Pina, non si dovesse più fare.
Dopo un periodo di lutto e di riflessione, e incoraggiato da molti appelli internazionali, dal consenso della famiglia e dalla richiesta dello staff e dei danzatori della compagnia che stavano per cominciare le prove delle coreografie già scelte per il film, Wim Wenders ha deciso di andare avanti, anche senza Pina: il suo sguardo indagatore e affettuoso sui gesti e i movimenti degli artisti della sua compagnia e ogni singolo dettaglio delle sue coreografie erano ancora vivi e presenti, inscritti nei corpi dei suoi danzatori. Nonostante la grave perdita, era il momento giusto, forse l’ultimo, per portare tutto questo sul grande schermo.
Oltre a brani tratti dalle quattro produzioni di “Café Müller”, “Le Sacre du printemps”, “Vollmond” e “Kontakthof”, il film contiene filmati di repertorio di Pina Bausch al lavoro, inseriti in modo innovativo nel mondo tridimensionale realizzato da Wenders, come terzo elemento, insieme a diversi brevi assoli dei danzatori della compagnia. Per ottenere l’effetto desiderato, Wenders ha fatto ricorso al metodo delle “domande e risposte” che la stessa Bausch usava per creare i suoi lavori: poneva delle domande ai danzatori, che rispondevano non a parole ma con danze improvvisate o con il linguaggio del corpo. Danzavano sentimenti intimi ed esperienze personali che la Bausch usava come punto di partenza per elaborare le sue coreografie, in lunghe sedute di prove. Seguendo questo metodo, Wenders ha invitato i danzatori a esprimere i loro ricordi di Pina Bausch in esibizioni solistiche, che ha poi filmato in luoghi diversi di Wuppertal e dintorni: nella campagna del Bergisches Land, in uno stabilimento industriale, a un incrocio e sotto la ferrovia sospesa di Wuppertal. Questi luoghi danno un volto a ognuno dei danzatori della compagnia, e costituiscono un eccitante elemento polifonico accanto alle coreografie di “Café Müller”, “Le Sacre du printemps”, “Vollmond” e “Kontakthof”.

Pina non è solo uno dei primi film europei in 3D, è anche il primo film d’autore in 3D. Il produttore Gian-Piero Ringel ha dovuto affrontare un’impresa tutt’altro che facile: “Con Pina siamo entrati in un territorio vergine, inesplorato, sia dal punto di vista delle tecnologie che del genere artistico. E’ stato un problema perfino trovare i tecnici in grado di sviluppare e realizzare materialmente il progetto, perché erano pochi”. Oggi come oggi, attraverso l’uso del 3D si sta sviluppando un nuovo linguaggio cinematografico che rappresenta una sfida per qualsiasi produttore. “Molti altri registi esitano ancora a lavorare in 3D, perché non esistono modelli di successo. Noi volevamo essere dei pionieri in questo campo”.
Ma conquistare un nuovo territorio è faticoso: “Nessuno di noi sapeva come si realizza un film di danza in 3D: abbiamo dovuto prepararci, documentarci, imparare”, racconta il produttore del 3D Erwin M. Schmidt. Che prosegue: “Così, strada facendo, abbiamo acquisito gli strumenti tecnici per preparare e girare il film, e per curare la post-produzione”.
Con questo film, Wenders ha conquistato una nuova dimensione cinematografica. Ma ha anche dichiarato: “La terza dimensione ci è servita, è vero, ma abbiamo cercato di fare in modo che questa ‘conquista dello spazio’ passasse inosservata. La plasticità non deve attirare troppo l’attenzione, deve quasi scomparire per lasciare emergere l’arte di Pina”.

da FilmTV online

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